giovedì 4 luglio 2019

LA STORIA SIETE VOI


Ok, missione compiuta.
Il supermegaultracensimento travestito da elezioni, il conteggio mai fatto dai tempi della proclamazione della Repubblica (non il giornale, l’altra, quella agonizzante) ha dimostrato che, grosso modo, dall’esito di comunali, regionali, politiche ed europee, su dieci italiani almeno sei sono pezzi di merda istintivamente, traditori spontanei, insomma quel genere di persone che ci mangi insieme ma se costretti alla scelta ti possono accoltellare alle spalle, se gliene viene una utilità nell’accoltellamento.
E’ brutto dirselo, è bruttissimo affermarlo, ma la sostanza è questa.
E’ il trionfo dell’opportunismo palese, dell’infamia utilitaristica, del balordismo di necessità.
Padri di famiglia finora miti, socievoli, innocui almeno all’apparenza, se finiscono nell’enorme calderone della circonvenzione di incapace si trasformano in mostri, di quelli che ti offrono il caffè ma tu sospetti che sia un caffè alla Sindona, sono quelli che puoi convincere di essere in pericolo per esortarli a diventare un pericolo per gli altri, sono quelli con cui ci bevi una birra insieme ma se appenappena qualcuno li convince che sei un ostacolo ai loro progetti non ci metterebbero niente a versarti cianuro nella Peroni.
Sono le menti orientabili, la carne da urna più scadente, i capi di bestiame tirati su ad antibiotici sovranisti per gonfiarli e farli diventare maggioranza, sono gli armenti a cui indicare il pascolo su terreni tossici, e loro contentissimi di brucare odio, perché hanno capito che ciò che finora era disdicevole, vietato o disgustoso è diventato lecito, trasparente e non più da nascondere dietro il paravento della vergogna.
Perfino nei luoghi in cui vedi un negro alla settimana la percentuale di affogatori antinegro è la medesima dei luoghi in cui i disperati del Mediterraneo sono presenti in concentrazioni che superano la tollerabilità per le delicate rètine sovraniste.
Inutile spiegargli che il cosiddetto piano Kalergi, quello della sostituzione etnica (ma io la chiamo sostituzione etica, perché ad osservarli bene ci guadagneremmo se il gene italiota fosse annientato da geni di qualunque altra origine) allafine della giostra è messo in atto proprio da chi li aizza contro l’intruso con la pelle buia, non ariano insomma.
Sabotando con feroce puntualità ogni tentativo in Europa di introdurre la riassegnazione automatica e obbligatoria dei migranti , isolandosi e facendosi solo nemici limitrofi, aggredendo ogni forma di collaborazione diplomatica, inasprendo ogni genere di rapporto tranne quelli con altri sovranisti (che hanno per definizione come principio il “ognuno si tiene i guai suoi) i nuovi padroni dell’Italia hanno ottenuto proprio quello che avevano agitato come spettro per raccogliere voti: l’arrivo incontrollato in Italia di migliaia di migranti che, per l’inesistenza di ogni forma di accordo o dialogo conquistato per via diplomatica e razionale, sono condannati, poveri loro, a rimanere a vita a convivere con l’italiota medio che tanto li odiava.
L’odio per il migrante è sfociato nell’isolamento totale dell’Italia a livello europeo, con contorno di epocali figure di merda come quella in cui cinque padri di famiglia in divisa della Guardia di Finanza vengono mandati a fare i bulletti disturbatori di un attracco preannunciato, obbligati all’azione da asilo nido invece che ad una dignitosa operazione di monitoraggio dell’attracco con successivo fermo o arresto del comandante.
Il drammatico modo con cui la nuova specie inferiore (perché di specie a parte si tratta, Darwin non se ne abbia a male) ha preso il controllo intestinale di una ex-nazione dimostra che in certi frangenti ci vuole pochissimo a distruggere secoli di dignità e saggezza.
E in questo scritto ostento la mia fierezza nel dichiararmi appartenente a una specie diversa dalla loro, confermo quello che avevo sempre pensato, e cioè che quelli un tempo definiti semplicisticamente “grillini”, e cioè i redentori alla Casalino, non erano altro che la larva del neonazismo digitale finito ad amoreggiare con l’atavica ignoranza becera e spietata del leghismo nero.
L’unica cosa che hanno ottenuto e otterranno, oltre alle migliaia di corpi finiti in pasto ai pesci per convincerli a non mettersi in mare, sarà l’essere finiti sui futuri testi di Storia, che stanno provvedendo ad abolire come materia per occultare a quelli che ora sono teneri bambini la verità sui loro papà e mamme che si trasformarono, nei primi decenni del Duemila, in amorevoli boia di coloro che, per giustizia divina, sono destinati a sostituirli etnicamente (ed eticamente) perché risolvere il problema migranti significava perdere voti.
Io non sono stato come voi, e sui libri di storia non ci finirò.
La storia infame di questi anni disgustosi sarete voi.
E il mio “Io non c’ero” è l’unica cosa che mi fa dormire sereno, come dormite sereni voi cullati dalla convinzione di rimanere impuniti.
Una convinzione come tante altre che vi hanno instillato per via rettale. Quella più predisposta al ragionamento, in chi ha il cervello in pancia.

lunedì 2 ottobre 2017

RIVOLUCASH

Aspettavo l’occasione, la concomitanza ideale di eventi talmente surreali che si incrociassero nelle stesse ore per raccogliere un po’ di voglia di scrivere qualcosa.
Bene, questo momento è arrivato.
La concomitanza della sparata esilarante del vicerè DiMaio sui sindacati e della pietosa vicenda della Catalogna merita qualche minuto di riflessione.
Partiamo dalla seconda.
Accorgendosi di avere il 20% del PIL del Paese e il 25% delle esportazioni dell’intera Spagna, i catalani decidono di saltare il fosso: ci mettiamo in proprio, non mandiamo più soldi a Madrid e per farlo ci agganciamo alla nostra antica autonomia linguistica storica e culturale.
Io vedo un certo filo marrone che lega una serie di leitmotiv del momento.
Mollare i migranti, mollare chi sta indietro, mollare il resto del mondo.
Il leit motiv è questo.
E in questa sagra globale dello stronzo, a infiocchettare questa torta al gusto feci ci trovi proprio quelli che per anni hanno martoriato lo scroto con l’aiuto alle zone meno sviluppate, con il ribellarsi al cinismo di chi sta meglio. Te li vedi inneggiare a chi scappa con la cassa ma con la maglietta di Ceghevara, in nome di una libertà di un popolo. Loro che hanno coperto di feci la Lega Lombarda e la Liga Veneta per le loro idee separatiste, ora si sono ritrovati con la Storia che si è divertita a mettergli in cortocircuito i fili della cecità ideologica, portandoli ad essere unitaristi in patria e leghisti all’estero. Inflessibili difensori della Costituzione se si tratta di schierarsi contro Renzi ma disinvolti orinatori della Costituzione spagnola se si parla di Catalogna. E se glielo fai notare ti ricordano che però la Catalogna è una nazione ben definita da millemila anni. E sti cazzi non ce lo metti? Abbiamo un assetto geopolitico che è il risultato delle ultime due guerre mondiali, di morti ce ne sono stati, direi anche troppi, ma capisco che settant’anni di pace in Europa rendano noioso lo stare al mondo. E si infilano nel tunnel della cosiddetta ribellione che, come sempre, è facile da incanalare verso l’avversario che crede invece nella difesa delle regole condivise.
E sempre sulla falsariga della voglia di conflitto travestita da rivalsa, vengo al secondo elemento, per la verità molto meno grave, di riflessione forzatamente scritta.
L’autoritaria ma non autorevole affermazione di Luigino DiMaio sulla sua intenzione di riformare i sindacati in caso di scarsa collaborazione degli stessi ha subito portato a paragoni direi eccessivi con espressioni simili proferite da dittatori.
Cosa si pensa, al bar, dei sindacati? Cosa si pensa, in pizzeria, dei sindacalisti? Quali sono i luoghi comuni più gettonati dopo la seconda birra media in una amabile discussione politica tra amici?
Ecco. Questo è il canovaccio del discorso.
E così, tra un cappuccino e una marinara con poco origano, tra uno Stravecchio e un Vov corretto vodka ci si abbandona ad ulteriori orinatine sulla Costituzione lanciando melliflui riferimenti alla prova di forza se necessaria per ricondurre alla ragione il sindacatume vario che in Italia ancora imperversa coi suoi privilegi.
Già, i privilegi.
La faccio breve, caro italiano medio: la cosa insopportabile del privilegio è che appartiene ad altri.
Tutto qui.
Teoricamente si chiamerebbe invidia, ma se la avvolgi in un drappo candido di difesa della legalità il tutto si chiama rivoluzione.
Tipo mettere una cacca di cane in una borsa di Louis Vuitton.
La prova del fuoco sarebbe concedere ad uno di questi rivoluzionari quel privilegio senza che si sappia in giro.
Ne vedremmo delle belle.
Meglio non indagare.
E meglio lasciar stare anche la Costituzione.
Deve asciugare.

mercoledì 7 dicembre 2016

I NUOVI MOSTRI / 2

Ebbene sì.
Ciò che è prevedibile anche solo timidamente poi, quando si rivela, a volte diventa di una ovvietà che sminuisce la pomposità della previsione.
Non ci voleva poi molto a capire che chi soffre di un disturbo della personalità e lo sfoga in politica prima o poi danneggia la compagine di cui fa parte. Ma avviene, avviene eccome, in tutti i giorni, in ogni parte d’Italia.
Il principale problema delle orde vendettiste che si affacciano sul panorama politico italiano è sostanzialmente questo: non sono in grado di sopportare le conseguenze delle loro azioni.
Come tutti i vili, quando infieriscono su chi è in posizione subalterna alzano la voce e gonfiano il petto, ma quando l’odio che seminano gli si ritorce contro sotto varie forme gridano al complotto, all’ingiustizia, inveiscono contro le forze del Male che hanno osato mettere in discussione la loro missione salvifica.
Così come è venuto fuori Trump in America, anche nell’altro emisfero dell’orbe terracqueo si nota visibilmente l’emersione delle pance represse, delle frustrazioni mutate in invidia sociale e poi in rivalsa di massa, con tutto il suo corredo di terminologie e riti semi-esoterici per ingraziarsi il Dio protettore dei mediocri.
Un tempo i fallimenti venivano puniti dalla Storia con la decadenza e le deposizione dei tiranni.
Oggi invece i tiranni spartiscono la loro tirannia con la moltitudine dei loro sostenitori, coinvolgendoli quindi in prima persona nella battaglia contro le forze che cercano di privare i tiranni della loro folle supremazia.
Ogni singolo adepto di questi coacervi di “odio necessario alla purificazione” si sente investito della missione consistente nella sopraffazione dell’altro, e divide col tiranno da cui dipende onori e oneri. Questi ultimi però sono tollerabili dal singolo adepto fino ad una certa soglia, quella ineffabile ed inossidabile dell’interesse personale, che con sempre maggiore fantasia viene ammantato di purezza nascondendolo dietro alla missione redentrice con cui vengono sdoganate le peggiori nefandezze.
Superata la soglia di pericolosità per l’interesse personale, l’adepto neo-purificatore cambia casacca, mollando al suo destino il tiranno e i suoi progetti, certo di essere approdato ad una condizione che limiterà i danni della vecchia militanza: quella del convertito al nemico, il rinnegato che, nascosto dietro allo striscione con su scritto “solo i cretini non cambiano mai idea” autocertifica la sua cretinità continuando a vita a portare sempre lo stesso striscione.
Ma non diteglielo.
Potrebbe avere una crisi e scambiarvi per emissari del Fronte del Male inviati a confondere le idee.


domenica 11 settembre 2016

ROMA CAPOCCHIA

Ok, dai, vi ammorbo pure io col mio parere sul caso Raggi, tanto è domenica pomeriggio, non avete un cazzo da fare (a meno che non lavoriate in un outlet o centro commerciale o ipermegaultramultisalacentroacquisti o negozietto di provincia irriducibilmente votato al servizio) e quindi due minuti o anche meno potete perderli.
Dicevo, il caso Raggi.
Io non so se la sindaca sia o meno in grado di assolvere al suo compito, semplicemente perché il suo compito non glielo hanno fatto ancora assolvere.
Per capirci meglio: i Romani, notare la maiuscola, che sta ad indicare un popolo, dicevo i Romani eleggono sindaca una avvocata, che si chiama Virginia Raggi.
A parte che da questo momento rinuncio alle espressioni boldrinate perché suonano malissimo (sindaca avvocata generala colonnella …. per favore no, roba da venire sbranati dai Treccani), tornando a noi mi chiedo: ma perché quell’avvocato deve sottostare alle decisioni-diktat-consigli amichevoli di un direttorio espressione di un’azienda che sta a cinquecento km di distanza?
La Raggi aveva pescato dei collaboratori come assessori tra persone che, ognuno per la sua materia, avevano una competenza molto specifica. E siccome, come dice la vulgata ribellista, l’Italia intera è governata da decenni da vecchi marpioni maneggioni ammanicati tra loro è chiaro che se scegli un esperto lo ritrovi agganciato ai giri di cui sopra. La differenza è che a partire da quel momento ti assumi l’onere di sorvegliare l’operato di quell’esperto-ammanicato-empio ecc. ecc. , praticamente metti la sua esperienza al servizio di ideali più improntati alla legalità.
Sinceramente io non esiterei ad assegnare l’ipotetica cattedra di Comunicazione Sintetica Tramite Pizzini a Totò Riina, trovatemene un altro più esperto. Come non esiterei a chiamare il comandante Schettino se dovessi istituire un Corso di Gestione del panico in situazione di emergenza. Ah, mi dicono dalla regia che questa idea mi è stata già rubata dalla Sapienza di Roma, chiedo scusa, come non detto, non vorrei incorrere in problemi di copyright.
In sintesi, il concetto di fondo è: fatele scegliere chi cavolo le pare, vediamo come se la cavano.
Invece no.
La jihad inquisitrice non ammette eccezioni o morbidezze.
E quindi la Raggi si ritrova a fare una gara di gimkana a tempo con il copilota seduto a fianco che tira il freno a mano di continuo.
Una gomitata sul setto nasale a ‘sto punto non guasterebbe.
Ma cerchiamo di essere pacifisti, e vediamo come finisce questa sagra del fuoco amico.
Forza Virgy, e ricorda che la targa SCV sta a significare So Cazzi Vostri.

sabato 3 settembre 2016

CROLLING STONES



Il vespaio di polemiche e applausi suscitato da una vignetta della rivista francese Charlie Hebdo sul recente terremoto di Amatrice sta tenendo banco.
Stiamo ai fatti, al nero su bianco, alla penna su carta.
La vignetta è composta da tre figure, un uomo malconcio e sanguinante, una donna altrettanto malconcia e un sandwich multipiano di solai in cemento con ripieno di morti schiacciati.
Ad ognuno dei tre elementi è associato il nome di un primo piatto, si va dalle penne alla salsa di pomodoro alle penne gratinate per finire, appunto, con la lasagna di solai e cadaveri.
Col valido contributo esplicativo delle migliori menti italiche, i francesi lanciano una seconda vignetta nel pomeriggio, dopo le polemiche della mattinata, piegandosi al pietoso ruolo di chi deve spiegare una vignetta facendone un’altra più chiara.
Nella seconda vignetta si evita, a questo punto direi vigliaccamente per un baluardo di libertà, di ridisegnare membra sanguinanti affioranti da macerie e si sostituisce con una figura centrale, un ferito che spiega “non è Charlie Hebdo che ha costruito le vostre case, ma la mafia”.
Il personaggio disegnato che pronuncia questa frase è egli stesso un reduce da un terremoto, ed esprime questo monito risollevandosi dalle macerie. Quindi chi è stato additato come carnefice si disegna come vittima, vittima del terremoto di reazioni di chi non aveva capito la vignetta, immagino.
Intendiamoci, il fatto stesso che si sia stati costretti a lanciare una seconda vignetta per mettere le mani avanti la dice lunga sull’eroismo dei soggetti in questione, se sei un satiro serio ed eroico non spieghi, te ne freghi delle reazioni, non guardi in faccia a nessuno, ma torniamo a noi.
Sintesi: Pasta + mafia + baffi neri del primo personaggio raffigurato nella vignetta, ci mancava il mandolino e gli toccava versare qualcosina di SIAE agli autori del film “Fantozzi”.
Scherzi a parte, il fatto è che, al cospetto di cotanto sottilissimo ironizzare d’oltralpe sulla qualità dei calcestruzzi italici, l’intiera schiera degli internettuali ha reagito da par suo: rincarando la dose sull’autofustigazione e l’attacco alla kasta, e quindi percuotendosi con rami di betulla si è erta (?) a baluardo della libertà di satira e ha fatto passare una robetta da postcena con coma etilico in un’osteria marsigliese come un trattato di tecnologia delle costruzioni & procedura penale. Così, con un disegnino.
Ma pensa. Geniale.
"Hanno raffigurato il magna magna italico, hanno fatto bene, anzi, ci stanno facendo un favore, ci stanno aprendo gli occhi su cose che già sappiamo ma dobbiamo sapere meglio, vergogna, pensiamo alla corruzione piuttosto, ai soldi rubati, e allora il PD? E le foibe? Ecc. ecc." .
Il problema è che con la satira estrema ti puoi permettere di non avere idee perché tanto se fai sensazione l’idea ce la mettono gli altri.
Disegni la cosa più scadente e/o aberrante che ti viene in mente sapendo già che ci sarà qualcuno che la nobiliterà, semplicemente perché “è satira”.
Una sorta di scudo spaziale.
Ma ve l’immaginate se nella vita di tutti i giorni incontraste gente che esercita la libertà di satira come reagireste? “Ehi tu, guarda quel fanciullo abusato, hai idea di come caga bene adesso?”. Mi piace pensare che voi, di fronte ad una cosa del genere, cari internettuali satirici, ci leggiate una critica al putridume che c’è nella Chiesa che copre i pedofili, anche se il prete nel discorso non è minimamente citato (così come nella vignetta incriminata la longa manus della mafia o della politica NON è nemmeno accennata). E immagino abbraccereste il simpaticone complimentandovi per la sofisticatissima metafora.
Mettiamola così: la satira estrema facendosi vittima di censure e critiche in realtà si blinda la possibilità di poter fare tutto quello che vuole. Alla satira estrema è concesso tutto, anche di superare i limiti del ricorso allo scabroso, anche di percorrere ogni scorciatoia più bieca per creare una reazione. L’idolatrare un certo modo di violare i limiti è in realtà un tristissimo modo per sfogare il proprio bisogno di libertà repressa, è il parlare senza bisogno di tenere il cervello inserito, è l’ossessione per l’esibire cinismo come segno di forza e di capacità di ribellione.
Chi ha idee non ha bisogno di scorciatoie per dire qualcosa, chi ha idee può permettersi il lusso dell’empatia nel disegnare anche la cosa più scomoda.
Ma ha meno appeal dei bastardi che, evidentemente, sotto sotto covano mentalmente anche nella più amorevole creatura che posta amore pace e solidarietà su facebook.
Con l’avvento della rete la viralità delle provocazioni è centuplicata, e il numero di persone che possono sentirsi ferite o infastidite aumenta a dismisura. Di conseguenza dopo una furbata del genere è immaginabile che svariati milioni di persone abbiano sommessamente desiderato che l’autore provasse il loro stesso dolore, e che accoglierebbero con molta meno solidarietà un eventuale e malaugurato bis dell’attentato a quella redazione.
Ma quella di immedesimarsi nell’altro è una mania che limita le scorciatoie percorribili, e soprattutto è la negazione della satira. Che non guarda in faccia a nessuno. Per questo evita gli specchi.
p.s.: e basta con sto mandolino.

https://www.youtube.com/watch?v=YWh1SqZB_m0

sabato 28 maggio 2016

MUSSOLINK

Va bene.
Siccome ormai cani e porci dicono la propria opinione sulla incombente riforma della Costituzione - da convalidare tramite referendum non vincolato a quorum - dico anch’io la mia, dato che all’occorrenza abbaio e grugnisco con una certa classe, noblesse oblige.
Al momento funziona così: una certa proposta di legge viene votata alla Camera, il testo quindi passa al Senato che gli fa delle modifiche, quindi il testo torna alla Camera per una nuova votazione, e insomma il Potere Legislativo, che spetta alle Camere, prima di esprimere cosa cazzo vuole fare deve cercare di mettersi d’accordo tra due aule.
La prima è composta da 630 deputati, la seconda camera invece ospita 315 senatori, e la proposta dilagante è: ridurre il numero di parlamentari.
945 decisori sono decisamente troppi, quindi meglio togliere la camera più piccola, perché le demolizioni si iniziano dal tetto, che occupa una superficie minoritaria rispetto alla somma delle superfici dei muri.
Quindi via il Senato. O meglio: via gli stipendi dei senatori, perché la seconda camera resta, ma trasformata in camera di rappresentanza delle regioni, alle quali viene lasciato diritto di veto su varie amenità teologicamente europeiste ma non su ciò che le riguarda davvero da vicino, essendo le competenze territoriali scavalcate, in caso di necessità, guarda un po’, proprio dall’esecutivo, e cioè dal governo.
Togli i senatori e ci metti presidenti di regioni e sindaci che possono dire di avere voce in capitolo a Roma ma poi non sono in grado di impedire che il Governo possa disporre come meglio crede della palazzina in cui vivono, in pratica il senso è questo.
“Tesoro, oggi in votazione ho ottenuto la possibilità di verniciare la facciata color fucsia, non sei contenta?”
“Amore, allora sbrigati perché hanno deciso di demolirci casa entro un mese.”
Più o meno il senso è questo.
Va però detto che al su citato Senato zoppo viene lasciata la possibilità di pronunciarsi in materia di adempimento alle direttive del Reichstag della UE, e sono soddisfazioni.
Alla Camera dei Deputati, rimasta praticamente sola a rappresentare il potere legislativo, “spetta la deliberazione dello stato di guerra, l'emanazione di provvedimenti di indulto e amnistia e la ratifica di trattati internazionali ……. oltre alla “facoltà di autorizzare o meno la persecuzione da parte dell'autorità giurisdizionale ordinaria dei reati ministeriali.”
Sono decenni che si cerca di riformare il bicameralismo e ora che si è giunti al primo passo ci si rende conto che inventarsi una alternativa altrettanto democratica è impossibile.
Democrazia vera significa paralisi, lo so, è brutto da dire, ma se si assiste ad una riunione condominiale e ci si fa un’idea della conflittualità che sterilizza le decisioni si può capire quanto delicata, e quindi immutabile, sia la situazione delineatasi con l’entrata in vigore della Costituzione.
Nella situazione da stadio in cui ci troviamo adesso, con curve contrapposte e lanci di oggetti costituenti sul terreno di gioco, nessuna decisione è equilibrata perché il clima in cui ci troviamo è purtroppo esageratamente diverso dalla coesione post-liberazione del '45 che rendeva più facile il costruire da zero.
Nessuno dei contendenti in campo ha intenzione di lasciare immutata la Costituzione, e blandendola con il tormentone di “Costituzione più bella del mondo” cercano di sedurla coi complimenti per poi prendersi le parti che più interessano. Vecchia storia.
La riflessione non è equilibrata perché non serena, non intellettualmente onesta, e questo anche perché il modo con cui ci siamo infilati in un sistema feudal-fascistico ha del clamoroso.
Per capirci: mi sta bene se mi fate i riformisti modernizzatori evolutori in presenza di una lievissima, impercettibile, eterea rimembranza di antichissimi totalitarismi, mi sta bene se ci si comporta così in presenza di misere spoglie di fascismo, in assenza di pericolo di ritorno all’uomo solo al comando, mi sta bene se fate sto discorso in presenza di un sistema ormai ben collaudato per non cadere in facili tentazioni draconiane e ormai lontano da ogni rigurgito di quel fascismo che fu lo spauracchio da esorcizzare in fase di stesura della Costituzione.
Ma.
Ma.
Ma siccome siamo esattamente in quella fattispecie, e cioè siamo in un misto di rigurgito medieval-fascista-inquisitorio-ghigliottuso, se a questo ci aggiungi il combinato con l’Italicum modello “asso pigliatutto” allora stiamo apprestandoci a inventare il primo cocktail energizzante a base di ebola.
Le derive branchiste, da branco - perché chiamarle populiste è un eufemismo - sono proprio loro il principale motivo per impedire qualunque modifica all’attuale testo costituzionale.
Siamo in un revival continuo, e come Carlo Conti rievoca Nilla Pizzi succede che lo sbarbatello tutto FabriFibra e Fedez inneggi contemporaneamente alla forca, alla gogna, alla imposizione di un potere basato sulla vendetta senza lume di ragione.
Non se ne parla nemmeno.
Giù le mani dal Senato, dal vincolo di mandato, dal quorum dei referendum abrogativi, da qualunque cosa che componga la Costituzione.
Non è cosa per voi, la Costituzione è antifascista e per questo da ogni parte si cerca di staccarne un pezzo. Succede proprio perché ognuna delle parti in campo è una versione riscaldata del grande polpettone nazisalvifico che ha inquinato i cervelli riproducendosi nelle varie generazioni.

mercoledì 20 aprile 2016

INNOCENTI EFFUSIONI

Stasera mi sento romantico.
Sarà la primavera, sarà l’ormone che mal s’approccia all’anagrafe, fatto sta che stasera vi parlo di bacini.
dal link
http://www.adb.basilicata.it/adb/risorseidriche/immagini/bacini.jpg

ecco a voi i bacini idrografici della Basilicata.


Converrete con me che si tratta di una regione ben irrorata d’acqua, con ben cinque fiumi che sfociano nello Ionio dopo essersi fatti quasi tutta la regione, dalle montagne del potentino fino alle spiagge sabbiose ioniche.

Come se non bastasse, del sistema idrografico Basilicata fanno parte ben quattro invasi di raccolta acque, le dighe di San Giuliano, Camastra, Monte Cotugno e Pertusillo.

E tutto questo a disposizione di soli 574.782 abitanti, con una media di 170,3 anziani ogni 100 giovani.
Bene, questa spugna impregnata d’acque fatta di boschi e d’argille conserva, nelle sue profondità, enormi quantitativi di gas e petrolio.
In superficie è tutta acqua, nelle viscere è tutta petrolio e gas.
E per estrarre quello che c’è sotto si inquina quello che c’è sopra.
Mamma Eni da queste parti ha posto in atto un piano Marshall spalmato in settant’anni, da economia rurale e attenta all’acqua si è passati all’economia chimica attenta ad altre sostanze. Che però si sono rivelate come il mostro risvegliato dalle viscere del sottosuolo.

Per farla breve: succede che accanto alla perforazione a scopo estrattivo ci sono perforazioni a scopo di scarico.
Si chiamano pozzi di reiniezione, e come dice la parola stessa servono a reiniettare nel sottosuolo fluidi precedentemente estratti dal sottosuolo stesso, dopo averne filtrato e trattenuto la parte che interessa.
Se estrai da quattromila metri sotto i tuoi piedi e poi cerchi di rimettere al suo posto una parte dei liquidi estratti, educazione vorrebbe che rimettessi quei liquidi alla stessa profondità.
Perché se invece di rimetterli nel sottosuolo li inietti in strati più superficiali, avvengono dei fenomeni che hanno un nome che sa tanto di primavera: affioramenti.

E’ tutto uno sbocciare di incubi oleosi a pelo d’acqua.

Ma è anche tutta una rassicurante osmosi tra cultura dei capitali e capitali della cultura.

Bacini e affioramenti.

Basta, che divento troppo melenso e vi sale la glicemia.

venerdì 4 dicembre 2015

DON'T WAR, BE HAPPY

Non si fa.
Non si accusa liberamente Erdogan di fare contrabbando di petrolio acquistato a due soldi dall'Isis.
Non si può accusare la Turchia, baluardo della demoeurocrazia in Oriente, di essere uno stato canagliesco che fa affari con i vicini del Califfato, che continua a sperimentare nuovi metodi di sterminio dei curdi subappaltato ai Turcomanni.
Non è bello.
Putin dovrebbe capire che l'Ameuropa è una coalizione seria, soprattutto ora che ha deciso di far entrare in UE il Montenegro, indispensabile per salvare l'antico vaso, da notte, nel quale orina Rockfeller insieme ai suoi accoliti.
Bisogna convincere Vladimir a fare il bravo, e spiegargli che il polonio poteva usarlo solo ai tempi in cui era ancora vivo Wojtyla. Ora al massimo può usare l'argentinio.
Se ne faccia una ragione, o ce ne faremo un torto.




mercoledì 25 novembre 2015

LA TORRE DI PEACE

Certo che le vie del menopeggio sono proprio infinite.
Più si guarda al comportamento dell'Ameuropa, più diventa spontaneo sostenere le ragioni di Putin.
La Turchia, paese Nato e ormai con un piede nella famigerata UE, abbatte un caccia russo per far capire a Putin che non ne può più di veder distrutte le autocisterne di greggio appena comprato a ottimo prezzo dall'Isis. E per far capire a Putin che Assad deve essere assolutamente deposto, eliminato, complice il consenso dell'Ameuropa che ha già creato ai Russi, a suo tempo, il caso Ucraina.
Obama come da copione sostiene i turchi, che infatti appena successo il fattaccio non si sono degnati di contattare i russi per chiarire ma si sono fiondati a chiedere assoluzione e supporto all'Unione Europea, come se accusassero i Russi di essersi fatti abbattere senza preavviso.
La reazione di Putin al momento è quella basata su un "preavviso di problemi" per la Turchia, ma è chiaro che parla a nuora perchè suocera intenda. E la suocera è ovviamente l'Unione Europea, impersonata da un Belgio che continua a brancolare nello stato d'assedio più tragicomico della storia, da una Francia che ha prontamente chiamato a raccolta, al suo fianco, l'appoggio bellico dell'Inghilterra di Cameron e la benedizione di Obama, e da una Germania scomparsa dai radar e che guarda con inquietudine silenziosa al definitivo sfaldamento dell'europeismo che cede il passo alla corrente anti-Schengen che serpeggia in tutti i Paesi .
Abbiamo quindi Francia, Inghilterra e Stati Uniti che ancora una volta si apprestano ad alterare gli equilibri già da loro stessI alterati precedentemente nella zona più irrequieta del mondo.
Si apprestano, dopo le mitiche primavere arabe che hanno eliminato tiranni sostituendoli col caos libero, a rimodulare la geografia della Mesopotamia e zone limitrofe, come hanno sempre fatto, incuranti di ogni altro interesse che non sia coincidente con la loro perenne capacità d'influenza su quelle zone.
Le mele marce d'oriente, la Turchia e l'Arabia Saudita insieme ad altre petro-nazioni, continuano a rimanere a braccetto con l'Ameuropa finanziando sottobanco il terrore che compatta questo sodalizio malato e, al comtempo, innalzando il volume di scambi incrementano gli investimenti di petroleurodollari in immobili di prestigio nel cuore delle cities-capitali economiche di ogni nazione europea.
La vittima è Putin, il carnefice è il resto del mondo civilizzato. Messa così è un po' difficile da credere, ma la legge del menopeggio non conosce pudore.
La fregola di cambiamento genera rinascite o colpi di grazia, ma si continua a concepirla come se generasse solo rinascite, perchè nel comune grugnire ogni cambiamento è per forza utile perchè è una diversità, una variazione.
Siamo dunque nelle mani di un buonsenso più sperato che presente, ma è l'unica cosa che abbiamo a disposizione. E speriamo che gli innumerevoli effetti disastrosi di imprudenti (o ben calcolati) deterioramenti dello status quo possano servire da monito almeno ai posteri, perchè i contemporanei si rifiutano di ammettere errori. Fanno e basta.
La lezione della Storia è:
in nome del nuovo troppo spesso si sdogana il peggio.
Ma la voglia di primavere arabe è ormai un trend generalizzato. Si porta molto, come i tatuaggi.




venerdì 23 ottobre 2015

L'AMORE AI TEMPI DEL COM'ERA

Com'era bello essere più fatalisti e comprensivi nei favolosi anni Ottanta, quando l'Italia girava a mille, con il lubrificante della corruzione indisturbata che faceva girare tutti gli ingranaggi.
Com'era bello poter contare su tutti quei giri poi recisi dalla falce guercia di Tangentopoli, quei giri loschi ma ormai accettati come necessari a far campare tutti quanti.
Com'era bello poter contare sull'amico dell'autista del prefetto che aveva un fratello usciere al Ministero e che era ormai intimo col Ministro stesso ed era più potente del cugino preside a Vattelapesca.
Com'era bello poter riprendersi anche dopo un furto o una rapina, perchè i soldi li rifacevi lavorando sodo, recuperando il danno con la tenacia di una formica instancabile.

Ma poi è arrivata la crisi. Quella che non avevi nemmeno letto bene sui libri di storia, che ce n'era stata una simile nel 1929, ma era un sacco di tempo fa, chissenefrega, era roba ormai vecchia.
E con la crisi non ti riprendi dopo un furto, o una rapina.
Non riesci a riavere ciò che ti è stato tolto dall' "esercizio del libero arbitrio" da parte di uno che è convinto di poter vivere appropriandosi delle cose di altri.
Hai difficoltà a tollerare bonariamente lo scapestrato che ti è entrato nel capannone e ti ha fottuto decine di migliaia di euro in attrezzature e beni vari, di cui alcuni ancora da pagare.
E allora l'amore e la fratellanza e la tolleranza in tempi di crisi diventano più difficili da esercitare.
Ne consegue che, solo per tenere calmi gli animi già eccitati dalla rinvoluzione, incrocio tra involuzione e rivoluzione, tocca dire che bisogna evitare gesti estremi di reazione alle minacce incombenti sulla nostra incolumità o proprietà.
Essere ecumenici almeno finchè non capita a noi.
Ecco, questo credo che, in sintesi, sia il senso della questione.
Puoi essere il più amorevole degli individui, ma se ti trovi in determinate condizioni che minacciano i tuoi cari, prima che te, scatta qualcosa di poco francescano.
Ma finchè non ci succede, mi raccomando, continuare a biasimare chi reagisce di pancia.
La proprietà e un furto. Con la "e" congiunzione, non verbo.